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Sabina Guzzanti: ANonniMus. Vecchi rivoluzionari contro giovani robot
25 Luglio 2023
Ageismo: il suffisso (-ismo) ci indica che stiamo parlando di una discriminazione. Il termine è stato coniato nel 1969 dallo psichiatra Robert Neil Butler, che lo ha utilizzato per indicare gli stereotipi, i pregiudizi e le discriminazioni basati sull’età. Non viene praticato solo ai danni delle persone anziane, ma anche nei confronti dei giovani e delle donne in particolare.
Razzismo, sessismo e ageismo hanno la stessa comune matrice: luoghi comuni, generalizzazione, ignoranza. Quella misera inclinazione a giudicare gli altri senza neanche conoscerli, basandosi su idee socialmente costruite che non hanno nulla a che fare con la realtà. Sarà che ho sempre e senza mezzi termini odiato quella forma di chiusura mentale che fa sentire in diritto di definire chi sia una persona, quali le sue capacità o aspirazioni, i suoi limiti, la sua storia, in base alla sua età. Mi fa quell’effetto £gessetto che stride sulla lavagna” l’utilizzo della parola vecchio/vecchia per denigrare qualcuno o sottolineare la sua capacità di fare qualcosa.
“Vecchio di merda”, “negro di merda”, “troia di merda”, per non parlare dell’uso di “handicappato di merda” e “frocio di merda” per me stanno sullo stesso piano, e qualificano chi non esita a farne uso a causa di una evidente incapacità di formulare altre espressioni per manifestare la propria rabbia verso qualcuno…ma questo merita un capitolo a parte, più in là. Sarà che vecchie e vecchi, si spera, lo diventeremo tutti e tutte, e che la condizione di una persona utilizzata come offesa è una roba inqualificabile, ma vedo che fa parte di un vocabolario piuttosto comune, a dimostrazione di quanto si riconosca poca dignità alle parole.
Dichiarando conclusa questa brevissima e piuttosto pacata introduzione che a me serviva per sfogare una crescente misantropia, passo alla celebrazione di quello che è un capolavoro tra la commedia e il romanzo distopico uscito dalla mente geniale di Sabina Guzzanti, ANonniMus- Vecchi Rivoluzionari contro giovani robot, uscito proprio in questo periodo della vita in cui mi trovo spesso a ragionare di ageismo, che tante volte ho incontrato anche nelle parole e nei comportamenti di persone impegnate nella lotta alle discriminazioni, e nella stupidità manifesta di chi, dopo aver imparato a pronunciare la parola “boomer” ha trovato un piccolo rifugio in cui sentirsi superiore a chi gli ha insegnato a infilarsi le mutande e pagato gli studi. Triste: è l’aggettivo che mi viene in mente di fronte a questa forma di discriminazione che spesso investe le persone vicine, quelle che a noi hanno insegnato tanto e alle quali dovremmo restituite qualcosa, quantomeno il diritto alla non discriminazione.
Di aneddoti ne avrei, ma sono di una tristezza infinita. Ci voleva Sabina Guzzanti a mettermi allegria – lo fa da quando ero proprio piccoletta, e me la vedevo in tv con mia madre – perché attraverso la sua intelligenza, che esprime con inimitabile ironia, ha affrontato la questione del divario digitale e altri temi attuali, dalle discriminazioni al lavoro, portandomi in un futuro non molto lontano su cui riflettere.
Lei è brillante, brilla proprio quando parla e quando scrive, non c’è niente da fare.
Dopo aver sentito recentemente parlare di ultracinquantenni come di persone generalmente incapaci di stare in questo mondo, trovarmi immersa nel racconto di un mondo in cui il termine Hacker è associato alla terzà età è stato straordinariamente consolatorio.
Laura Annibali è la protagonista di questa commedia: è una manager che ha dedicato la sua vita all’Intelligenza Artificiale, fino a progettare una smart home, un brillante esempio di domotica in cui lei stessa vive. Arrivata alla soglia dei cinquant’anni, decide di fondare la Huf, una no-profit che si impegna a offrire supporto alle persone che hanno difficoltà a interagire con la tecnologia e per le quali la smart home può diventare una frustrazione anziché una soluzione. Tra le varie difficoltà di una vita lavorativa in cui deve essere sempre al massimo dell’efficienza e fronteggiare la continua competizione con i colleghi, Laura si trova a fronteggiare i continui attacchi hacker degli AnonniMus, un gruppo di anziani che continuamente mettono a repentaglio il suo progetto e i rapporti con i suoi possibili finanziatori.
Nel video c’è un tizio con una maschera di V per Vendetta versione terza età: la pelle macchiata dalla vitiligine, i baffi imbiancati e il collo a brandelli. Valerio sbuffa ma lei lo costringe ad ascoltare la voce distorta che inveisce contro la tecnologia che discrimina, che sfrutta e divide, che manipola le menti volgendole contro se stesse.
E appena il video finisce pretende un suo commento: “Allora? Come la metti con i tuoi pregiudizi? Questi quarantacinque anni li hanno passati da un pezzo…”
“Sono attori, è tutto un bluff” sostiene lui “dietro ci sono dei ragazzini che gli dicono cosa fare”.
Seppia contesta la sua affermazione. “E in ogni caso, ragazzini o no, su tante questioni dicono cose sacrosante!”
Persino Manfred – questo il nome della sua smart home – è poco collaborativo e, tra gli accadimenti che si succedono nella sua vita, si trova a fare i conti con altre discriminazioni ma anche con esperienze di umanità che solo rallentando e guardandosi intorno può finalmente apprezzare.
Impossibile, leggendo, non fermarsi a riflettere su quale tipo di rapporto vogliamo avere con questo presente-futuro, su quanto l’intelligenza artificiale contribuisca a rafforzare il divario digitale. Possiamo scegliere come gestire tutto questo, probabilmente partendo dall’intelligenza umana per ragionare di inclusione, di vite vissute che vanno al di là delle tecnologie. Questa è una sfida, sta a noi scegliere come affrontarla.
Grazie a Sabina Guzzanti, che proprio oggi compie esattamente sessant’anni e quindi, secondo la logica discriminatoria dell’agesimo, sarebbe sulla strada dell’inabilità a svolgere una miriade di cose. E invece, come si suol dire, “ve magna sulla capoccia!”.
Buon compleanno, Sabina