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Una strega sopravvissuta
27 Agosto 2025
Dovevano ammazzarmi bene.
Perché adesso sono serenamente viva.
E chi sopravvive così, ricorda tutto.
Questo è il pensiero che si fa strada nella mia mente da tempo.
Da quando ho ripreso in mano un’esistenza che qualche anno fa era stata messa sul rogo.
Un piccolo gruppo di persone non poteva accettare che fossi una donna autodeterminata, competente, autorevole — ma non autoritaria.
Così, hanno usato altre parole.
Per portarmi via il lavoro, la dignità, la credibilità. La serenità.
A loro si sono accodate anche persone che davo per certe, da cui mi aspettavo solidarietà.
E invece no.
Quel rogo ha bruciato a lungo.
Nella mia città. Nella mia vita.
Poche persone si sono fatte avanti per spegnerlo.
Io, dall’alto, guardavo. Vedevo tutto.
Poi un giorno è piovuto.
Il fuoco si è spento.
L’acqua ha schiarito la mia mente.
Ho ritrovato una serenità che credevo perduta.
Ho visto la distanza tra me e chi ha dovuto abbassarsi a tanto schifo per ottenere piccole posizioni e visibilità che io non ho mai cercato.
Ho visto che sono andata avanti. Che sono cresciuta.
Che le persone intorno a me non erano così poche.
Che più crescevo, più poche erano le voci che cercavano di silenziarmi.
Qualcuno avrà compassione per queste persone.
Io no. Io non fingo.
“Le ferite che non si vedono sono le più profonde.” Madeline Miller, Circe
Io ricordo tutto.
Il pezzo della mia vita che non tornerà.
Ogni volto.
Ogni parola detta per umiliarmi.
Ogni ostacolo messo in mezzo.
Ogni complicità taciuta.
Ogni menzogna.
Ogni mano che si è voltata dall’altra parte
Ricordo tutto.
Ma la memoria, quando la attraversi tutta, quando smette di bruciarti la pelle, diventa altro.
Diventa ossa.
Diventa forza.
“Non ero mai stata una dea con i fulmini. Ma avevo una forza che loro non potevano toccare: la pazienza.”
Siamo tutte streghe sopravvissute.
Ma quando si dava la caccia alle streghe, alcune parlavano per salvarsi la pelle.
Mandavano al rogo le vicine di casa.
Io sono una strega sopravvissuta a loro.
E questo non è un simbolo.
È una condizione.
È il corpo che torna a starci dentro.
Le parole che tornano quando non devono più difendersi.
È il rispetto di sé che si ricompone.
Non si chiama vendetta.
Si chiama giustizia interiore.
Si chiama dignità.
Si chiama libertà dalla paura.
“Non mi vendicherò. Non perché ti perdono. Ma perché non valgo meno di te.”
Chi fa violenza – diretta, sottile, sistemica, simbolica – ha un solo obiettivo: farti sparire.
Farti smettere di parlare.
Farti smettere di scrivere.
Farti smettere di esistere.
Ma se sbaglia anche solo di poco —
se ti lascia un frammento, una briciola, un nome, qualcosa a cui restare aggrappata —
tu torni.
E torni sapendo.
Con tutta la lucidità di chi è uscita viva da un rogo
e ha visto in faccia le persone che lo alimentavano.
L’ho capito meglio quando ho letto Circe di Madeline Miller.
Nella mitologia era la strega che trasformava gli uomini in maiali.
Nel romanzo, è una donna mandata in esilio per il solo fatto di essere diversa: troppo magica per stare tra le ninfe, troppo umana per essere una dea, troppo libera per non fare paura.
La mandano lontano. Da sola.
Pensano di spegnerla.
Ma sull’isola, Circe inizia a costruire.
Non vendetta. Non rancore. Sapere.
Impara il tempo, le erbe, il linguaggio.
Impara a usare le mani per curare e proteggere sé stessa.
Non dimentica chi l’ha ferita.
Non perdona chi l’ha cacciata.
Ma non si avvelena.
Circe resta.
Si ricorda tutto.
E non ha più paura.
“Mi sono detta che dovevo vivere.”
Come tante donne che ho incontrato, e come me, Circe si ricostruisce da sola.
Non per farsi vedere. Non per avere giustizia.
Per esistere intera.
Ho lavorato con tante donne così.
Donne ferite, spezzate, umiliate.
Che poi, un giorno, si sono alzate e hanno detto basta.
Non urlando.
Ma con la calma tremenda di chi ha capito che la propria vita non sarà più consegnata a nessuno.
Oggi ho un’energia che non pensavo possibile.
Non è euforia.
È sostanza.
È presenza.
È lucidità.
Mi sveglio e non mi chiedo più se ce la farò.
Mi chiedo: cosa costruisco oggi, adesso che sono ancora qui?
Le streghe non bruciano più.
Si ricordano.