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In ricordo di Toni Morrison: L’importanza di ogni parola
5 Agosto 2023
Il 5 agosto del 2019 ci lasciava Toni Morrison, premio Nobel per la letteratura che ha sempre scritto “senza avere lo sguardo dei bianchi”.
La ricordo oggi attraverso L’importanza di ogni parola, pubblicazione postuma che raccoglie un insieme di suoi scritti e discorsi pubblici: un’amante del linguaggio e del suo potere, di cui è indiscussa e sapiente utilizzatrice nei suoi romanzi e in ogni sua anche più breve apparizione pubblica.
Le parole che hanno attraversato la sua vita, che attraversano le nostre, sono ciò in cui lei ha fermamente creduto. Ci spinge a fermarci per dare importanza alle parole, perché semplicemente le racconta, le riempie di vita e di storie.
È difficile sopravvivere in un mondo in cui le parole perdono di significato, vengono manipolate e svilite. Le stesse parole utilizzate per difendere un diritto, vengono strategicamente inserite nei discorsi che quel diritto vogliono negarlo. Mi vengono in mente le parole utilizzate da chi globalmente si muove per negare diritti umani fondamentali, che parlano di diritto alla vita per negare il diritto di abortire o di accedere all’eutanasia, di libertà di espressione per difendere i discorsi di odio, o del diritto a difendere le proprie tradizioni per negare il diritto di ogni essere umano a cercare una vita migliore, libera dalle oppressioni. Le parole sono armi potenti, spesso utilizzate come slogan dietro i quali si cela il nulla se va bene, l’esatto contrario se va male. Penso alla parola “solidarietà” che fa parte del vocabolario dell’attivismo che ha attraversato tutta la mia vita, e che a volte cela una strana forma di competizione ed egocentrismo che lasciano a bocca aperta, e ogni volta occorre ri-centrarsi e scacciare la tossicità di certe forme di relazione. Accarezzo la parola “sorellanza” in cui crederò fino alla fine dei miei giorni nonostante tutto, leccandomi le ferite che ogni tanto si riaprono e riportano a galla sistemi di potere che possono sbucare fuori senza preavviso, quando meno ce lo aspettiamo. Toni Morrison ne parla in maniera diretta e senza ipocrisia, perché possiamo rifelttere sui noi stesse e sulle nostre relazioni.
Mi allarma la violenza che le donne compiono sulle altre: violenza professionale, violenza competitiva, violenza emotiva. Mi allarma la prontezza di tante donne a ridurre in schiavitù le altre. Mi allarma la sempre più sfacciata indecenza nel mattatoio delle realtà professionali femminili. Voi occuperete un posto nel mondo da cui potrete decidere chi potrà prosperare e chi dovrà avvizzire; distinguerete tra poveri meritevoli e non meritevoli; potrete determinare quale vita sia sacrificabile e quale indispensabile. Perchè avrete il potere di farlo, potreste anche convincervi di averne il diritto – Cinderella’s Stepsister’s, discorso alle neolaureate del Barbard College, New York, 13 maggio 1979
L’importanza di ogni parola ci riporta al centro della nostra esistenza, alla scoperta della scelta di praticare l’attivismo in ogni sua forma, o alla riflessione su come lo stiamo praticando e su come ci sentiamo nel contesto in cui lo facciamo.
Mi rendo conto che per una miriade di parole potrei raccontare una storia, descrivere circostanze, imprimere l’immagine di eventi e persone.
Per Toni Morrison il linguaggio è la misura delle nostre vite, pertanto non è mai neutro, bensì porta con sé delle conseguenze. È potere, e dobbiamo usarlo con consapevolezza, dobbiamo curarlo e riempirlo di valore. Attraverso le parole possiamo esercitare oppressione, emarginazione, ma anche donare libertà, conservare la memoria, trasmettere saperi che provocano cambiamento.
Divisi in tre sezioni, gli scritti di Morrison trattano perciò la questione dei diritti umani, e in particolare la figura dello straniero, l’emancipazione femminile, la libertà di stampa, il potere discriminante del denaro, il razzismo.
Credo sia giunto il momento di una nuova guerra all’errore. Una battaglia decisa contro l’ignoranza coltivata, il silenzio forzato, il moltiplicarsi delle menzogne. Una guerra a tutto campo, combattuta ogni giorno dalle organizzazioni per i diritti umani, tramite diari, rapporti, indici, viaggi pericolosi e incontri con le forze oppressive e maligne. Una lotta intensa e ben finanziata per salvarci dalla violenza che sta inghiottendo i diseredati. -The War on Error, conferenza patrocinata da Amnesty International, Edimburgo, 29 agosto 2004-
È una lettura che sento di consigliare a chiunque come me ami il potere del linguaggio, il perpetuo movimento della comunic-azione.
È una lettura che sa di aria pulita da respirare a pieni polmoni, un’isola di pace all’interno del quotidiano caos generato dalle parole pronunciate senza essere indossate.
È importante parlare di razzismo, di fascismo, di guerra, dello straniero, di privilegio, di arte, di donne, di memoria, di differenze, restituendo a ogni parola la sua importanza, in questa epoca in cui apparire e twittare sembra contare più dell’essere.
Lo consiglio a chiunque abbia figli e figlie che stanno facendo ingresso in questo caos che stiamo lasciando loro, e che hanno bisogno di conoscere l’importanza di ogni parola, per potersi destreggiare in un mondo che parla molto di loro, ma raramente parla con loro. D’altronde parlare delle persone piuttosto che con le persone è un’abitudine diffusa, lo dico sempre. Lo consiglio a chiunque pensi che il mondo finisca nelle proprie convinzioni attraverso le quali erige muri e scava fossati tra sé e il resto del mondo.
Il discorso ai neolaureati del Sarah Lawrence College riportato in questo libro, basta da solo a trasmettere il senso della vita e degli sforzi che compiamo per raggiungere dei risultati. Basta da solo a farci riflettere su quanto sia importante, come lei stessa dice, non trasmettere monologhi ma instaurare dialoghi.
Trovo le sue parole tanto semplici quanto potenti, in grado di trasmettere speranza ma anche rabbia verso un mondo che si sta autodistruggendo per carenza di umanità, per eccesso di individualismo che porta a continuare a procreare senza saper trasmettere il senso della vita, preoccupato solo di costruire isole di privilegio sulle spalle del prossimo.
Immaginate, figuratevi come sarebbe sapere che il vostro benessere, il vostro divertimento, la vostra sicurezza non si fondano sulla privazione altrui. È possibile. Ma non se ci affidiamo a paradigmi sorpassati, a un pensiero moribondo che non è stato preceduto e nemmeno sfiorato dal sogno. È possibile, e ora è necessario. Necessario perché se non nutrite gli affamati, vi divoreranno, e in modi tanto svariai quanto feroci. […]
La funzione dell’istruzione nel ventesimo secolo dev’essere di produrre individui autenticamente umani. Di rifiutare di continuare a produrre, generazione dopo generazione, persone addestrate a prendere decisioni convenienti, ma non umane. Oh, come sarebbe vivere senza quell’odio mortifero che ci hanno insegnato essere inevitabile tra gli uomini? Inevitabile? Naturale?”
Tratto da Sarah Lawence Commencement Address, Sarah Lawurence College, Bronxville, 27 maggio 1988
Buona lettura!