Cultura, In evidenza, Write here, write now
LA BEFANA NON ESISTE(VA)
5 Gennaio 2024
EPIFANIA: dal greco ἐπιϕάνεια “manifestazione della divinità”. Il termine veniva utilizzato dagli antichi greci per indicare la divinità che si manifestava attraverso un segno (un miracolo, un sogno, un accadimento).
Il Cristianesimo utilizzò questo termine per indicare la festa che commemora tutte le manifestazioni divine di Gesù: nello specifico, per l’Occidente rappresenta la venuta dei Re Magi in adorazione di Cristo.
In Italia, durante la notte tra il 5 e il 6 gennaio, i bambini e le bambine aspettano i doni portati dalla Befana, una donna dalle sembianze di vecchia ingobbita con il naso e il mento appuntito che sorvola i cieli e che, calandosi dal camino, porta dolciumi ai bambini e alle bambine che sono state/i bravi, riservando carbone e cenere a coloro che non lo sono state/i e riempiendo le calze che vengono appositamente lasciate. In cambio, può rifocillarsi con uno spuntino lasciatole a portata di mano. A differenza di Babbo Natale, non deve rimpinzare anche le renne, dal momento che si muove sopra una scopa di saggina. Essendo una ricorrenza che nel corso del tempo ha seguito le ragioni del consumismo e della disparità sociale, anche i doni della Befana vanno spesso ben al di là del simbolico dolcetto.
L’Epifania viene festeggiata dodici giorni dopo il Natale e, come ogni tradizione pagana, è stata riformulata e riadattata dal Cristianesimo, fino ad essere forzatamente utilizzata per giustificare tradizioni e radici culturali non discutibili. A mio avviso, conoscere la storia, la mitologia e l’evoluzione di tradizioni e credenze, è l’unico modo per favorire ciò di cui abbiamo assoluto bisogno per poter dare un senso alla nostra esistenza nel reciproco rispetto, ovvero la consapevolezza che le differenze sono un potente strumento di progresso e non un arma per gestire il controllo.
Nel calendario romano pagano si festeggiava la dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno – che veniva fatto coincidere a suo volta col Sol Invictus che rinasceva il 25 dicembre, dando vita al nuovo anno la rinascita della natura, in vista della primavera. Il 6 gennaio rappresentava, in questo senso, la morte e la rinascita di Madre Natura: è il momento in cui avvenivano le semine che portavano la speranza del raccolto e, quindi, di sopravvivenza per l’anno successivo.
I romani credevano nell’esistenza di figure volanti, identificate con la Dea Diana (o forse Abundia o ancora Satia, Dee dell’abbondanza e della sazietà)che sorvolavano i cieli sopra i campi coltivati per propiziare la fertilità proprio nella dodicesima notte dopo il Sol Invictus.
L’affermazione del Cristianesimo portò un problemino di non poco conto: non potevano essere sostenute credenze magiche di donne (Dee, per giunta!) volanti e portatrici di prosperità. Diana non era la sola Dea celebrata dai Romani: insieme a lei c’erano Strenua (Strinia o Strenna), simbolo di prosperità, potenza e fortuna, che aveva un bosco sacro a lei dedicato. Le donne mitologiche, che rappresentavano la forza della natura che non muore ma si rigenera, esigevano rispetto riconoscimento, per poter garantire vita e benessere. Dettaglio non trascurabile.
Occorreva sostituire usanze e credenze legate all’esistenza di Dee benevole e portatrici di prosperità, con celebrazioni e ricorrenze legate alla nascita di Cristo. Per questo, il dodicesimo giorno dopo il solstizio tramutato in Natale diventò Epifania, a conclusione del ciclo natalizio cristiano. La figura della donna mitica rimase, ma prese le sembianze di una unica specie di brutta strega, contrariamente a come venivano raffigurate le donne romane, che si muoveva sola e non in compagnia di altre donne, la Befanìa.
La morale cristiana ha trasformato carbone e cenere in simboli punitivi, mentre originariamente rappresentavano ciò che restava dei ceppi che venivano lentamente fatti bruciare durante le dodici notti tra il 25 novembre e il 6 gennaio: il carbone era ciò che restava della lenta combustione e che si rendeva utile per accendere nuovi fuochi (nuova vita) mentre la cenere veniva utilizzata nella pulizia/conservazione.
Il Cristianesimo ha legato l’Epifania al viaggio dei tre Re Magi per giungere a Betlemme: secondo la leggenda, bussarono alla porta di una vecchia donna che diede loro indicazioni per arrivare a Betlemme. Le chiesero di andare insieme a loro per celebrare la nascita di Gesù ma, nonostante l’insistenza, la vecchia si rifiutò per poi pentirsene una volta ripartiti. Per poterli raggiungere, si affrettò a preparare un sacco con dei dolci da portare in dono. Non riuscendo a trovarli, bussò a ogni porta e regalò i dolcetti a ogni bambino, nella speranza che uno di loro fosse Gesù.
Ieri, durante la mattutina sgambata bavarese con il mio quadrupede, notavo dei bambini e delle bambine che si aggiravano per il quartiere vestiti con mantelli e corone probabilmente di luccicante carta stagnola. Nonostante non fosse Halloween, suonavano alle case, si intrattenevano per un po’ sull’uscio e poi continuavano il loro giro. Non potendo capire cosa facessero, ho chiesto a una delle mie enciclopedie umane di vita e usanze tedesche – ovvero la mia amica Emanuela – di illuminarmi rispetto a questo pellegrinaggio di prole di oro e argento vestita, visto che non erano evidentemente polletti al cartoccio. E quindi ho approfondito questa tradizione del canto dei Re Magi.
La tradizione del “canto dei Re Magi” risale al medioevo e aveva lo scopo di raccogliere donazioni a favore della Chiesa. Questa usanza è stata ripresa a metà del XX secolo e viene praticata soprattutto dalle comunità cristiane cattoliche in Germania, Austria, Svizzera e Alto Adige, e da qualche paese non di lingua tedesca come Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia.
I Re Magi, impersonati principalmente da bambini e bambine, bussano alle porte e cantano una canzone, recitano una preghiera o una poesia. Al termine, scrivono con un gesso benedetto la formula C+M+B, seguita o preceduta dal simbolo del sole e l’anno in corso, sulle porte d’ingresso o sulle travi delle porte. Questa è una sorta di benedizione della casa: la formula Christus Mansionem Benedictat (Cristo benedica questa casa) è stata generata dalle iniziali di Caspar (Gaspare), Melchior (Melchiorre) e Balthasar (Baldassarre). Questo mi ha illuminata rispetto a questi strani simboli che da anni vedo sulle case e che ogni volta mi ripromettevo di cercare in rete. Non sono simboli alieni…ma sono sempre simboli frutto della umana immaginazione. Ognuno crede in ciò che vuole, il problema si pone nel momento in cui si avanza la pretesa che il resto del mondo ci creda e si comporti di conseguenza.
Delle origini della Befana, come di quelle di ogni altra celebrazione religiosa, si può discutere a lungo e certamente il mio obiettivo è come sempre quello di stimolare riflessioni e approfondimenti, non quello di esaurire l’intero argomento, che richiederebbe lo spazio di una enciclopedia.
E quale migliori giornate, se non quelle di festa, per dedicarsi alla conoscenza, alla lettura per grandi e bambini/e? Quale miglior modo per uscire dalla noiosa cantilena del “così è, perché così è sempre stato”?
Allora, possiamo approfondire il tema del mostruoso femminile per comprendere come mai le donne finiscono sempre per ricoprire ruoli spaventosi, fino a dover essere controllate, eliminate, condannate, bruciate, scacciate; oppure affrontare il tema dell’Epifania come rinascita, come vita che si rigenera, a partire da James Joyce che fu il primo a tradurla in prosa, raccontandola proprio nella sua accezione di rivelazione spirituale, illuminazione improvvisa,, determinata da avvenimenti quotidiani, oggetti, azioni, attraverso i personaggi protagonisti di Gente di Dublino, una raccolta di 15 novelle che fu pubblicata nel 1906 dal settimanale The Irish Homestead; infine, potete riunirvi con le vostre amiche, in un cerchio di sorellanza, per celebrare quella forza che, nonostante il quotidiano impegno, questo camaleontico patriarcato non riesce ancora a abbattere.
Buona Epifania, qualunque sia la vostra!