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ULTIMISSIME DAL MONDO: SCOPERTE PERSONE CHE NON HANNO FATTO IL BILANCIO DELL’ANNO PASSATO Né LA LISTA DEI BUONI PROPOSITI PER QUELLO NUOVO!

Tempo di lettura: 7 minuti

I primi giorni del nuovo anno sono in genere giorni di bilanci e di buoni propositi, che nella maggior parte dei casi è già tanto se restano in mente fino alla Befana, per essere poi riposto nella soffitta delle convenzioni sociali in mezzo alle frasi di rito, alle commemorazioni post mortem di chi abbiamo ignorato in vita, incastrati tra il ripiano delle incoerenze e la scatola del set di pacchette sulle spalle.
Nella confusione delle festività, durante le quali pranzi e cene sembrano susseguirsi senza sosta facendoci entrare talmente in confusione da ritrovarci a fare la colazione inzuppando nel vino una fetta di pandoro su cui abbiamo spalmato il patè di fegato della nonna, ci ritroviamo anche a promettere solenni cambiamenti e grandi pulizie. Il tutto dura normalmente il tempo di smaltire l’intossicazione.
Non sono una disfattista, né una pessimista, tutt’altro: quando si sceglie di tirare il freno a mano della vita per ripartire con lentezza, si viene catapultate/i nella favolosa dimensione dei dettagli, di quell’invisibile all’occhio umano che in realtà è visibilissimo, basta soltanto rallentare per vederlo, e darsi il giusto tempo per rifletterci sopra.
Non ho mai amato particolarmente le celebrazioni di fine e inizio anno, se non come occasione per stare insieme alle persone care.Ma per me ogni giorno è buono, come lo è per scegliere acquisti, regali, buone azioni. Trovo triste il fatto che abbiamo bisogno di un calendario a ricordarci che stare insieme e celebrare la vita, nel bene e nel male, è un atto di amore verso noi stesse/i e verso le persone a cui teniamo. Se poi vogliamo parlare di petardi e fuochi d’artificio, oltre al danno che arrecano a animali e persone fragili, considero veramente grottesca questa ormai consolidata tradizione di far esplodere qualsiasi cosa per comunicare al mondo la propria felicità in ogni occasione, dal matrimonio al compleanno, dalla nascita di un figlio a la rimozione del dente del giudizio. Chi ama i giochi di luci e colori e anche il prossimo, può facilmente acquistarne di silenziosi – perché esistono e sono pure belli – ma per chi ancora vive nelle caverne purtroppo non c’è rimedio. A volte le persone cambiano idea, soprattutto dopo aver perso qualche arto o parte di esso: contente loro…non ho alcuna difficoltà ad ammettere la mia indifferenza di fronte a questi accadimenti, semmai tiro fuori un impolverato set spallucce-pacchetta, non intendo neanche sciupare la mia empatia.
I primi giorni dell’anno li trascorro a osservare i bilanci e i buoni propositi altrui, a rimettere in ordine quelli che ho buttato giù io, a sorridere di alcuni e a riflettere su altri, secondo la relazione che ho con chi li formula e con me stessa.
Il primo giorno del nuovo anno rappresenta una sorta di punto zero da cui ripartire, rinascere, rinnovarsi, ricredersi: abbiamo sempre bisogno di morire un po’ per poter cambiare, di seppellire qualcosa per rigenerarci, di bruciare il vecchio per fare spazio al nuovo. E così, a mio avviso, ci illudiamo di poter continuamente chiudere porte per aprirne altre, nella convinzione di eliminare qualsiasi cosa sia andata storta. Ma per farlo dovremmo funzionare come un pc a cui viene cancellata la memoria per poter fare spazio e generarne una nuova. Illuderci di poterlo fare è il miglior modo per farci del male e per farlo a chi ci sta intorno: quante volte avete incontrato persone che hanno vissuto traumi, dolori, perdite, ma che vivono la vita alla velocità della luce con la presunzione di controllarne ogni aspetto e di dettare legge in quelle altrui, senza lasciare spazio alla messa in discussione, alla vulnerabilità, alla possibilità di sbagliare, a quella di costruire percorsi senza un preciso punto di arrivo? Quante volte vi capita di mettere a tacere problemi, traumi, dolori, nella speranza che, se chiusi in un cassetto poi scompaiano, con il tempo, magari dedicandovi ai problemi di altre persone, o riempiendo la vostra vita di cose da fare senza sosta. Cosa accade se vi fermate per un attimo e li ritirate fuori? A me capita di avere paura di non farcela, e non posso fingere che quella paura non ci sia, perché ciò che l’ha generata fa parte della mia vita e non si può cancellare. Non è possibile morire e rinascere per poter eliminare la memoria dei nostri traumi, è importante andare a toccare fino in fondo al pozzo la consapevolezza che quella memoria resterà con noi finché saremo in vita. Perché la vita è questo: è un viaggio fatto di esperienza e conoscenza, non è un gara di velocità, non è una performance in cui dobbiamo dimostrare di essere sempre sul pezzo per poter arrivare al successo, alla felicità, alla completezza. Non dobbiamo dimostrare di avercela fatta, per ricevere la medaglia all’onore e al coraggio. Abbiamo bisogno di vivere ogni emozione, di abbracciare ciò che è stato per poter scegliere cosa sarà.

Ogni giorno possiamo decidere come proseguire il nostro viaggio solo se scegliamo di fare delle soste per chiederci cosa stiamo provando.

Immaginate un armadio degli attrezzi ben fornito: c’è tutto quello che può servire per riparare, costruire, tagliare, rompere. Se lo teniamo in disordine, ogni volta che la apriremo probabilmente ci cadrà tutto rovinosamente addosso: qualcosa si romperà, qualcos’altro ci ferirà, altro andrà disperso. Questo ci costringerà a perdere tempo e pazienza per recuperare anche i pezzi più piccoli e apparentemente inutili che non ricordavamo neanche di avere, e ogni volta ributteremo tutto dentro alla rinfusa perché non abbiamo né il tempo né la voglia di fare ordine, perché il solo vedere tutto quel caos da risistemare ci farà venire l’ansia. Ricompreremo attrezzi nuovi in sostituzione di quelli perduti, perché mettersi a cercarli sarebbe troppo faticoso.
Tenerlo invece in ordine richiederà all’inizio del tempo per organizzare, per capire a cosa serva ogni utensile, per tenere a portata di mano ciò che usiamo più spesso, per ricordarci di cosa abbiamo a disposizione in caso di bisogno, e per evitare che qualche attrezzo mal riposto e dimenticato ci cada in testa. Tutto è lì, dobbiamo solo aprire l’armadio e prender ciò che ci serve e che sappiamo usare, ma con la consapevolezza di possedere anche ciò che abbiamo difficoltà a maneggiare, per cui abbiamo bisogno di ricorrere all’aiuto di qualcuno.
La nostra vita è il nostro armadio degli attrezzi…dentro c’è tutto, da quando siamo al mondo ci inseriamo le nostre esperienze, i nostri vissuti, anche i traumi e gli abusi, le persone che ci hanno deluse e quelle su cui possiamo contare, la rabbia e l’amore, la tristezza e la felicità. Per non rischiare di trovarci sommerse/i da tutte queste cose in una sola volta, magari perché stiamo cercando soltanto la scatolina dei buoni propositi di inizio anno, dovremmo tirare fuori tutto e riporlo con cura, forse fermandoci a riflettere su ciò che ogni singola esperienza ha significato per noi e come ci ha trasportate/i fino al punto in cui siamo.
Io sto cercando di rimettere tutto in ordine da un bel po’, e ogni volta che mi ci metto mi trovo a ri-catalogare alcuni attrezzi: ad esempio, la scatola delle persone su cui contare si è rimpicciolita insieme a quella di chi può contare su di me e sto organizzando lo scaffale dell’autostima perché è piuttosto impolverato e malconcio.

Per i bilanci e i propositi ho invece scelto una cassetta piccola da portare sempre con me, per poterla aprire ogni giorno e non solo una volta l’anno, per potermi concedere di ricredermi, di sognare, di realizzare, di abbandonare, di cambiare.

E forse sarà per questo bisogno di riscoprire la lentezza e anche quella curiosità tipica degli anni infantili che stanotte ho sognato che io e la mia amica di infanzia Daniela giocavamo a campana nel cortile sotto casa. Nel mio sogno non eravamo piccole, ma esattamente come siamo oggi: abbiamo disegnato la campana con il gesso, preso due sassolini e saltellato facendo attenzione a non calpestare le linee. Eravamo adulte, ma certamente ci trovavamo negli anni Ottanta, perché intorno a noi si muovevano persone non più in vita, e in sottofondo potevamo sentire Adriano Celentano che cantava “Giungla di città”!
Quindi, nella mia piccola cassettina dei propositi, qualche gessetto per poter giocare a campana con la mia amica e anche ogni volta che avrò bisogno di guardare avanti attraverso la curiosità della mia infanzia.

C’è un ultimo utensile che devo riporre nell’armadio degli attrezzi: una maschera per l’ossigeno. Ho trascorso questi ultimi giorni in un luogo del cuore che chiamo casa, con persone del cuore che chiamo famiglia e, nel raccontare pezzi di vita vissuta, la mia amica Emanuela ha detto “hai visto cosa ti dicono gli assistenti di volo in aereo? Che in caso di pericolo, prima di aiutare qualcuno a indossare la maschera dell’ossigeno, devi indossare la tua. Se non ti metti in salvo, non puoi salvare nessuno”.
E buon anno a tutte/i.

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