Ispirazioni
LUNGA VITA A JANE FONDA!
5 Settembre 2022
Jane Seymour Fonda è nata a New York il 21 dicembre 1937, è un’attivista politica, femminista, ambientalista, attrice, ex modella, produttrice. Jane Fonda è Jane Fonda.
“La più grande differenza tra la vita e la recitazione è che nella vita non c’è la prova, e neanche un “ciak, si gira!”
Jane Fonda pubblica la sua autobiografia, My Life so far, nel 2005: supponendo di poter suddividere la sua vita in tre atti, quello vissuto al momento della scrittura di questo suo libro rappresenta il terzo. Per vivere un buon terzo atto, dice, è importante capire come sono andati i primi due. In buona sostanza, per comprendere dove stiamo andando occorre sapere da dove veniamo, e quali insegnamenti abbiamo ricevuto dalla vita trascorsa.
“Non voglio morire senza sapere chi sono”
“I don’t want to die without knowing who I am”.
Tra le esperienze che hanno contribuito a forgiare questo pensiero, la morte di suo padre – l’attore Henry Fonda – è stata la più significativa. Jane era convinta che, negli ultimi giorni di vita, lui avrebbe detto a lei ed a suo fratello Peter cosa stesse provando, quali sentimenti provasse veros di loro. Ma questo non accadde. Lei provò una grande tristezza per suo padre, incapace fino all’ultimo istante di esprimere i suoi sentimenti, probabilmente morto con il rimpianto di non averlo fatto.
Questo ebbe un grande impatto su Jane che decise di impegnarsi a vivere una vita senza rischiare di collezionare rimpianti. Imparò così ad accogliere le sue paure, i cambiamenti della vita e la trasformazione del suo corpo di donna con l’avanzare dell’età. Lo fece per non trovarsi impreparata, per poter vivere la vita come viaggio e non come destinazione.
“Life is the journey, not the destination”
Discontinuità: è una delle parole che utilizza per descrivere la sua vita. Non ha mai creduto di dover raggiungere la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno e questo ha reso il suo viaggio una continua scoperta all’insegna dell’improvvisazione. Vivere senza senza aspettative, senza dovere correre e rincorrere obiettivi magari fissati ad altri – ad esempio dalla famiglia – è ciò che ci salva dal rischio di sentirci sbagliat* nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto.
I tre atti della vita di Jane corrispondono alla suddivisione della sua autobiografia, in questo ordine
–Gathering, ovvero la scoperta della vita, la costruzione della resilienza
–Seeking , la ricerca del proprio ruolo nel mondo
–Beginning, l’inizio, la visione del mondo e della sua stessa vita attraverso nuove lenti.
Jane ripercorrendo questi tre atti, entra nei particolari della sua vita sin dalla primissima infanzia, attraversando la relazione con i suoi genitori, la storia della stirpe dei Fonda – originari di Genova ma rifugiati in Olanda nel XIV secolo – e tracciando il profilo di sua madre, a cui è dedicata questa straordinaria opera di 670 pagine di vita vissuta. Leggere le autobiografie d grandi attiviste/e è ciò che ci fa sentire meno sole/i, perché ad unirci è proprio il coinvolgimento che parte da esperienze di vita vissuta, di emozioni provate, dalla volontà di non essere neutrali neanche per un solo giorno in più della nostra vita. E’ un filo invisibile che unisce le nostre vite in ogni angolo di mondo, che supera confini e pregiudizi, che ci fa parlare la stessa universale lingua, quella dei diritti umani. E’ ciò che accadde anche nella vita di Jane Fonda quando, ad esempio, lesse l’autobiografia di Malcolm X: prese coscienza del fatto che era necessario scegliere che tipo di “persona bianca” volesse essere. Non bastava definirsi “non razzista”per prendere una posizione contro le discriminazioni razziali.
“Things change when you become intentional”
Questo è ciò che caratterizza l’intera vita di Jane Fonda: non bastano le parole, non è sufficiente una singola azione, ma occorre essere attiviste/i, vivere coerentemente la propria vita nel privato e nello spazio pubblico. Il vero significato del “metterci la faccia”.
Parla degli arresti, delle proteste contro la guerra in Vietnam, dell’azione per il cambiamento che per essere efficace non deve mai perseguire interessi puramente personali; racconta della sorellanza, di diritti umani e di come il suo viaggio nel mondo dell’attivismo sia iniziato a partire da dentro di sé, da eventi che hanno colpito le sue emozioni, che le hanno fatto sentire di non poter vivere in silenzio in un mondo di ingiustizie, solo perché privilegiata.
Anche i suoi famosi workout nascono da una riflessione politica: era cresciuta in un contesto in cui l’esercizio fisico “intensivo” non era un’attività rivolta anche alle donne, in quanto non era cinisiderato il fatto che potessero sviluppare muscoli. Nel 1978, mentre girava il film “La Sindrome Cinese”, si fratturò un piede. Dovendo rimettersi in forma per il film successivo, dopo una pausa per la guarigione del piede, le fu suggerito di seguire delle lezioni di ginnastica con Leni Cazden che prevedevano una combinazione di esercizi di tonificazione e passi di danza. Non si trattava di aerobica, perché non vi era un coinvolgimento costante di grandi gruppi muscolari che facesse aumentare la frequenza cardiaca per almeno venti minuti. Dopo averne sperimentato i benefici per il corpo e la mente, Jane propose a Leni di creare insieme a lei delle sessioni di workout ed aprire una palestra a Beverly Hills, con l’intento di raccogliere i fondi necessari a sostenere la fondazione Campaign for Economic Democracy. Successivamente, Jane entrò nelle case di milioni di persone registrando le sue sessioni di workout e permettendo così a molte donne di dedicarsi alla cura della propria salute e forma fisica. Ancora oggi il suo programma di allenamento resta il più famoso e diffuso della storia. Io l’ho seguito durante il lockdown e lo trovo straordinario!
Un viaggio che si porta avanti fino all’inizio, a quella nuova stagione iniziata nel 1997 e che ancora oggi la vede essere coerente con il principio secondo cui ogni singola azione produce cambiamento.
Quando ha scritto questa autobiografia, Jane aveva 67 anni. Oggi, che ne ha 84 è impegnata più che mai nella lotta contro il cambiamento climatico.
Nel 2019 ha accolto l’appello di Greta Thunberg a comportarci come se la nostra casa fosse in fiamme, ed ha abbracciato l’appello lanciato da Naomi Klein ad aderire ad un nuovo paradigma economico – il Global Green New Deal lanciato nel 2019 al C40 World Mayors Summit di Copenaghen – per la salvezza del pianeta e del futuro delle nuove generazioni. Si è trasferita a Washington, abbandonando i suoi impegni, ed insieme ad al mondo dell’attivismo per l’ambiente ed a Greenpeace, ha lanciato il movimento “Fire Drill Fridays” che l’ha vista coinvolta in azioni di protesta e disobbedienza civile nei confronti del Governo perché aderisse al Green New Deal. Le proteste hanno luogo ogni venerdì ed ha visto sin da subito una grande partecipazione, interventi da parte di esperti, comunità indigene, celebrità, minoranze. Ciò ha avuto sin da subito un grande impatto sull’opinione pubblica ed ha generato un eco di proteste in moltissime città che hanno accompagnato anche quelle che in tutto il mondo hanno visto coinvolte persone di ogni età, ma soprattutto giovani. Neanche la pandemia del Covid-19 ha fermato le proteste, che hanno avuto un grande seguito anche virtualmente attraverso i canali social del Fire Drill Fridays e di Jane Fonda, e che hanno fornito approfondimenti, garantendo partecipazione attiva ed accesso alle risorse.
Insieme ad altre/i attiviste/i Jane Fonda è stata arrestata numerose volte per aver organizzato queste proteste causando intralcio e problemi di ordine pubblico. Vedendo le immagini dei suoi arresti, la memoria non può non andare indietro a quel novembre del 1970, quando fu arrestata durante una protesta femminista: la foto segnaletica in cui Jane alza il pugno in segno di protesta ci diceva che potevano essere diverse da come la società ci voleva.
Jane non ha mai smesso di alzare quel pugno, perché anche le nuove generazioni possano scegliere di disobbedire ad un sistema di potere che sta incendiando la loro casa, il loro futuro.
Jane va ben oltre il supporto alle nuove generazioni – compresa la mia – ma riconosce loro autorevolezza, competenza, diritto a disobbedire, senza alcuna forma di paternalismo o segno di conflittualità intergenerazionale. Dovrebbe essere una lezione di vita per chi, tra noi tutte, toglie alle giovani la parola prima ancora che possano prenderla, o che tende ad emarginare la disobbedienza e la critica, o che ha particolare inclinazione verso la critica di tutto ciò che non conosce. Specialmente se lo fa comodamente seduta nel proprio presente senza alcun timore di vedersi strappato il futuro.
Se non sappiamo metterci nel futuro altrui, non possiamo definirci attiviste.
Io, pur avendo superato di qualche anno i 40, mi trovo ad essere continuamente “accarezzata sulla testolina” da attiviste che hanno giusto una decina di anni più di me, con quell’atteggiamento paternalistico che è lo stesso che ci ha tenute fuori dai luoghi di decisione sulle nostre vite, quei luoghi in cui stanno le donne perché donne, non perché femministe.
E’ importante pretendere di entrare nei luoghi di potere per sovvertire il paradigma patriarcale e prendere decisioni, con il pugno alzato e lo sguardo di chi non ha paura perché sa di non essere sola.
Jane Fonda, all’età di 84 anni, parla di futuro.
Nulla da aggiungere.