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IL NUOVO DIZIONARIO TRECCANI CI VEDE BENISSIMO!

Tempo di lettura: 3 minuti

“Ci sosterrà la speranza che fra qualche anno, una donna che abbia deciso di professare l’architettura, l’avvocatura o la medicina, o che veda, nel suo futuro, la direzione di un’azienda o di un’orchestra, o infine che intenda arruolarsi nell’esercito, dopo aver sfogliato le pagine di questo dizionario, scelga di chiamare sé stessa architetta, avvocata, medica, direttrice, soldata anche perché «lo dice il Treccani»

— Valeria Della Valle e Giuseppe Patota

Treccani pubblica l’edizione 2022 del suo vocabolario, e la novità sta nel fatto che è il primo dizionario di italiano senza stereotipi di genere.

Questo vuol dire che, assolvendo al proprio compito di contribuire alla rappresentazione dell’evoluzione della lingua, finalmente troviamo riportato ciò che per secoli è stato taciuto benchè esistente, ovvero la declinazione al femminile di sostantivi ed aggettivi storicamente rappresentati in forma maschile.

Cecilia Robustelli, che rappresenta la mia indiscutibile fonte di sapere per tutto ciò che riguarda la linguistica, la definisce una “azione coraggiosa”, proprio perché dà visibilità a ciò che è stato tenuto scrupolosamente nascosto e che oggi è ancora fortemente ostacolato da una cultura ancora ostinatamente patriarcale che, arrivando fino a levare gli scudi di fronte ad ogni declinazione al femminile di professioni e ruoli istituzionali, non fa altro che rendere manifesta la propria ignoranza delle basilari regole della lingua italiana. Lo sforzo di rendere invisibile il femminile non nominandolo è talmente grande da risultare grottesco, ma si erige a propaganda politica che raccoglie un vasto consenso di un sempre maggior numero di pubblico che, pur presentando talvolta grandi difficoltà nell’uso della punteggiatura e dei verbi, si fa linguista e lessicografo in un battito di ciglia. Uno sforzo talmente grande da avere come risultato il voto contrario in Senato sull’uso ufficiale del linguaggio di genere per i ruoli istituzionali.
A questo si aggiunge la convinzione assai diffusa, dalle visibili conseguenze, che per arricchire il proprio bagaglio culturale sia sufficiente “googlare” ciò che si vuol conoscere, possibilmente in pochissime righe da leggere in attesa al semaforo o mentre si stanno svolgendo altre sei attività – il tempo dedicato all’approfondimento è “tempo perso”, si sa.
Quindi, è fuori moda la sana curiosità di conoscere il mondo e la storia che si cela dietro la pubblicazione di un vocabolario.

Ad ogni modo, credo che sia necessaria un’inversione di marcia; e per fare una inversione, occorre rallentare, per poterci chiedere come avviene il processo di pubblicazione di un vocabolario. Una domanda semplice, che scanserebbe ogni equivoco ed ogni possibilità di manipolazione. Il lavoro di ricerca, dibattito, approfondimento che c’è dietro è affascinante.

 Aprendo le pagine di un vocabolario diamo per scontato tutto ciò che vi è dentro: ma in realtà contiene tutto ciò che è fuori.

Non si tratta di processo costruito attraverso una gerarchia di potere secondo la quale, a dettare i contenuti, c’è la mano invisibile di chi vuol far prevalere una realtà a discapito di un’altra. E’ pura e semplice realtà che, nelle mani dei lessicografi e delle lessicografe, viene definita e resa disponibile per la nostra conoscenza, attraverso quel libro che troppo spesso crediamo di dover abbandonare dopo i primi anni di scuola. A questo proposito, il romanzo storico di Pipi Williams Il quaderno delle parole perdute, di cui parlo nella mia categoria cultura, potrebbe essere un interessante lettura.

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Gli unici tentativi di censurare le attività della fondazione Treccani, furono messi in atto dal regime fascista e dal Vaticano. Pensieri e pratiche con cui non abbiamo mai smesso di fare i conti e che, finchè ci limiteremo a googlare per conoscere, avranno sempre spazio nella nostra vita.

Finchè a destare scandalo sarà tutto ciò che semplicemente dà la giusta visibilità ad una parte della popolazione oppressa, il fascismo sarà nella nostra casa. E ci resterà.

Finchè, anche a sinistra, il linguaggio non avrà un posto d’onore nella battaglia per i diritti civili, questi resteranno solo un passeggero strumento di propaganda elettorale. Invece ci si impegna proprio tanto per squalificarlo, chi è infastidito dal femminile indicato prima del maschile, come Massimo Arcangeli, candidato di Unione Popolare che definisce quella di Treccani una “operazione di marketing”.
Che noi donne siamo già oggetto di operazioni di propaganda tanto per la destra quanto per la sinistra lo sappiamo da tempo.

C’è chi mi dice che occorre #votarefemminista: va bene, mi dite però in quale Paese? Perché in questo mi pare che non si sia mai potuto fare.

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