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CHE RUMORE FA UNA PICCOLA PIUMA? è MORTA A 75 ANNI SACHEEN LITTLEFEATHER
3 Ottobre 2022
Una piccola piuma è talmente leggera che non possiamo udire il suono del suo movimento nell’aria
Ma nel 1973 Sacheen Littlefeather (Piccola Piuma) ha prodotto un suono talmente potente e profondo, da essere giunto fino a noi viaggiando attraverso gli anni e le coscienze di chi l’ha derisa, ignorata, applaudita, isolata. Un suono fastidioso per quegli Stati Uniti che si autoproclamano patria delle libertà e dei diritti civili nascondendo la polvere della prevaricazione sotto l’enorme tappeto a stelle e strisce.
Sacheen ha emesso quel suono proprio nel “nido” della costruzione di quell’immaginario di libertà e meritate conquiste, ovvero durante la 45a edizione degli Academy Awards.
Sacheen era un’attrice e attivista americana per i diritti dei nativi americani. Nata con il nome di Marie Louise Cruz, ha vissuto un’infanzia segnata dalle violenze e dall’alcolismo del padre da cui ha preso le origine Apache. E’ stata un’attivista sin da giovane: durante gli anni in cui frequentava il California State College di Hayward e studiava recitazione e discorso, si unì allo United Bay Indian Council e partecipò all’occupazione di Alcatraz nel 1970 adottando il nome Sacheen Littlefeather. La sua vita è stata sempre caratterizzata dalla difesa dei diritti dei nativi, e dal loro riconoscimento in ogni contesto, compreso quello delle arti performative.
Ma il giorno della consegna dell’Oscar a Marlon Brando come migliore attore per avere interpretato Vito Corleone ne Il Padrino, fu quello che ebbe un grande significato nella sua storia e nella nostra storia.
Brando decise di rifiutare l’Oscar, ed anziché salire sul palco per farlo personalmente, chiese a Sacheen di farlo per lui: le diede indicazione di non prendere la statuetta, e di leggere un discorso che lui aveva scritto per motivare quella scelta. Le fu concesso di parlare per un solo minuto, durante il quale lesse queste parole:
Salve, mi chiamo Sacheen Littlefeather, sono Apache e sono presidente del National Native American Affirmative Image Committee. Questa sera rappresento Marlon Brando e lui mi ha chiesto di dirvi, in un discorso molto lungo che non posso condividere con voi ora per motivi di tempo, ma che sarò lieta di condividere con la stampa in seguito, che con grande rammarico non può accettare questo premio così generoso e le ragioni sono il trattamento riservato oggi agli Indiani d’America dall’industria cinematografica – scusatemi – e dalla televisione nelle repliche dei film e anche i recenti avvenimenti a Wounded Knee. Vi chiedo di considerare il mio intervento non invadente e che in futuro i nostri cuori e le nostre intese si incontreranno con amore e generosità, grazie a nome di Marlon Brando.
Marlon Brando non aveva mai nascosto il suo impegno in difesa dei nativi americani e contro il razzismo, così ha voluto approfittare della certezza della vittoria dell’Oscar per fare un gesto politico, di grande impatto, e denunciare le ingiustizie che i nativi americani erano da sempre costretti a subire. Marlon Brando era un ribelle politicamente impegnato. Poi c’erano quelli che, a forza di interpretare il cowboy, credevano di esserlo anche nella vita reale: infatti John Wayne ebbe un impeto di rabbia nell’ascoltare le parole di Sacheen, tanto da minacciare di tirarla giù dal palco con la forza se non avesse smesso di parlare. Fu bloccato dalla sicurezza. E non mancarono neanche superficiali battute di Clint Eastwood e Raquel Welch.
Sacheen dovette parlare interrotta dai fischi ma anche dagli applausi. Una sola piccola piuma vestita in abiti Apache ha scalfito l’orgoglio dei pistoleri. Lei sola.
Il giorno seguente il New York Times pubblicò il testo integrale del discorso di Marlon Brando
“Per 200 anni al popolo indiano, che lottava per la propria terra, la propria vita, le proprie famiglie e il proprio diritto di essere libero, noi abbiamo detto: “Deponete le vostre armi, amici, e noi vivremo insieme. Solo se deporrete le armi, amici, si potrà parlare di pace e arrivare ad un accordo che vi porterà la felicità”. Quando deposero le armi, noi li assassinammo. Noi mentimmo loro. Noi li defraudammo delle loro terre. Noi li facemmo morire di fame per mezzo di accordi fraudolenti, da noi definiti “trattati” e da noi mai rispettati. Noi li riducemmo ad essere accattoni in un continente che aveva dato loro da vivere a memoria d’uomo. Né rendemmo poi loro giustizia, interpretando sempre in maniera distorta la Storia. Non fummo né leali né giusti. Non ci siamo sentiti tenuti a rendere giustizia a questo popolo, né a lasciarlo vivere secondo quei trattati. E ciò in virtù di un potere che ci arroghiamo e con il quale violiamo i diritti altrui, ne prendiamo le proprietà, gli distruggiamo la vita se cercano difendere la loro terra e la loro libertà. Facciamo delle loro virtù un crimine e dei nostri misfatti una virtù. Ma una cosa brucia i poteri di questa perversione, ed è il tremendo verdetto della Storia. E la Storia sicuramente ci giudicherà. Ma quale importanza ha questo per noi? Quale sorta di schizofrenia morale ci permette di strepitare per tutto il mondo che noi viviamo nella libertà, quando tutti gli assetati, affamati, umiliati giorni e notti degli ultimi anni di vita dell’Americano Indiano smentiscono questa voce? Non siamo umani e non rispettiamo le nostre stesse leggi.
Sembra quasi che in questa nazione il rispetto e l’amore reciproci, come principi base dei rapporti con le genti vicine, non siano funzionali ai nostri principi, e che tutto quanto si è compiuto per opera nostra sia stato solo per annichilire le speranze di altri Paesi, quelli amici e quelli nemici. Cioè, non siamo umani e non rispettiamo le nostre stesse leggi.
Forse in questo momento vi chiederete che diavolo tutto questo c’entri con gli Academy Awards. Perché questa donna stia lì sopra a rovinare la nostra serata, ad invadere la nostra vita con cose che non ci riguardano, e di cui non ci importa nulla. A farci sprecare il nostro tempo e il nostro denaro, intrufolandosi nelle nostre case. Penso che la risposta a queste domande sia che la comunità del cinema, al pari di tutte le altre, ha avuto una pesante responsabilità nel degradare l’indiano, nel fare della sua personalità una caricatura, nel descriverlo come un selvaggio, ostile e demoniaco. È davvero duro per i bambini crescere in questo mondo. Quando i bambini indiani guardano i film alla televisione, e vedono il loro popolo ritratto come lo è nei film, le loro mente sono offese in modi ci cui non riusciamo a renderci conto.
Se non siamo i tutori di nostro fratello, facciamo almeno in modo di non esserne i boia.
Di recente sono stati fatti pochi, incerti, passi per modificare questa situazione. Ma troppo incerti e troppo pochi. Pertanto io in quanto membro di questa comunità professionale, in quanto cittadino degli Stati Uniti, non mi sento di accettare un Oscar questa sera. Penso che i premi in questo Paese, in questo momento, non possono essere dati né ricevuti finché la condizione dell’americano indiano non sarà radicalmente mutata. Se non siamo i tutori di nostro fratello, almeno facciano in modo di non esserne i boia.
Avrei voluto essere qui stasera per parlarvi direttamente, ma ho ritenuto di essere forse più utile a Wounded Knee, a prevenire una pace disonorevole “finché i fiumi scorreranno e l’erba crescerà. Spero che non riterrete questa una brutale interruzione, bensì un serio sforzo di attirare l’attenzione su un popolo, in rapporto al quale si determinerà se questo Paese ha il diritto o no di affermare di vivere negli inalienabili diritti di tutto il popolo a rimanere libero e indipendente nelle terre che hanno nutrito la sua vita a memoria d’uomo. Grazie della vostra benevolenza e della vostra cortesia verso Miss Piccola Piuma. Grazie, e buona notte».
Dopo questo evento, l’obiettivo di attirare l’attenzione dei media sull’occupazione della riserva di Wounded Knee – certamente conoscerete la storia del massacro di Wounded Knee del 1890 – fu raggiunto. Per Sacheen segnò l’inizio del declino della sua carriera, perché il Governo si impegnò tremendamente per screditare la sua immagine, e Hollywood beh …. Hollywood non ammette critiche.
Ma Sacheen dichiarò negli anni successivi
Rosa Parks fu la prima a sedersi su quell’autobus. Qualcuno doveva essere il primo a pagare il prezzo del biglietto. E quel qualcuno sono stata io…
Molte/i di noi conoscono questa storia, perché fu un evento straordinario. Ma molte persone l’hanno conosciuta nell’agosto scorso, ovvero quando a distanza di quasi cinquant’anni l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences – l’organizzazione che assegna gli Oscar – le ha chiesto scusa per come è stata trattata dalle persone presenti alla cerimonia nel 1973.
Lei ha risposto, utilizzando l’ironia che considerava un ottimo rimedio per sopravvivere, che i nativi americani sanno essere pazienti: in fin dei conti erano passati solo 50 anni!
Sacheen Littlefeather è morta ieri, il 2 ottobre del 2022, all’età di 75 anni. La vita le ha riservato molti problemi di salute, fino a renderla malata terminale di cancro.
Parliamo di lei, portiamola nelle scuole, dipingiamo la sua storia sui muri, teniamo con noi la sua immagine, per ricordarci che una sola Piccola Piuma, muovendosi, può fare più rumore della pistola di un misero cowboy. Per trasmettere che nessun gesto in difesa di un diritto è inutile. Solo così possiamo riuscire a coltivare bellezza per un altro mondo possibile.